Il 6 febbraio 1806 il vicario curato della cattedrale, il priore di S. Cassiano, gli abati di S. Arcangelo, di S. Giacomo, di S. Lucia e l'economo della chiesa vacante di S. Niccolò, i sei parroci della città di Pesaro espongono che "ritrovansi nelle loro parrocchie un numero grande di donne prostitute, che ad onte delle paterne ammonizioni non si rimettono sul buon sentiero, ed altre che ravvedute dal mal costume, cercano un asilo dov'essere sicure".

Con questa premessa gli ecclesiastici richiedenti segnalavano l'urgenza di riaprire il luogo pio delle Convertite, soppresso dai francesi nel 1798  e il vescovo vicario della sede vacante Giovanni Andrea Ghirlanda ne concesse la riapertura.

Uno spazio molto rappresentativo della politica di contenimento dei costumi attraverso una azione di protezione e sostegno dei bisognosi che è passata attraverso regole molto  ferree e in un certo periodo anche costrittive.

 Aperto a Pesaro il 2 aprile 1619 grazie alle elemosine dei fedeli, era un convento femminile chiamato “Rifugio delle Convertite”, sotto la regola di S. Agostino e sotto l'invocazione di S. Maria Maddalena, con lo scopo di offrire “un ricetto alle donne di mala vita per far penitenza dei loro trascorsi”. Si originò dalla conversione di 13 donne pubbliche per opera di un predicatore milanese.  La prima sede fu in  via della Posta Vecchia. Adiacente al rifugio fu costruita nel 1652 una piccola chiesa dedicata a Gesù Maria Giuseppe.

Nel 1786 Frate Giuseppe Maria Luvini, vescovo di Pesaro, con lo scopo di eliminare gli abusi degli "stranieri" che si introducono nel pio luogo delle Convertite, proibisce a chiunque di entrare nell'istituto e che dovrà osservarsi la clausura episcopale. Stabilì inoltre: che ciascuna donna, compresa la fattora, avesse a disposizione nel magazzino due sacchi di grano, dalla cantina cinque dame di vino e una quantità di olio che bastasse al loro bisogno. Raccomandava infine il rettore e il confessore di far rispettare la regola alle donne penitenti, obbligate a restare nel Conservatorio. Fuori casa invece erano obbligate a coprirsi il capo, con il fazzoletto distintivo di panno, o velo bianco.

Dallo studio di  Sara Benvenuti Il Conservatorio delle convertite di Pesaro: un esperimento di disciplinamento sociale delle donne (1619-1871), (in “Frammenti”, 15, 2011) estrapoliamo alcune informazioni relative a questo istituto.

Ogni penitente al momento dell'ingresso versava una cifra in denaro  (100 scudi per le donne pesaresi e 200 per le forestiere), oltre all'obbligo di portare con sé la biancheria personale: due paia di lenzuola, due tovagllie, quindici salviette per le donne del posto, tre tovaglie e ventiquattro salviette per le forestiere).

Nel 1600 le “convertite” erano dieci; nel '700 il numero si restringe notevolmente, fino ad arrivare a solo 4, e di età avanzata.

Requisiti per l'accesso: non doveva essere vecchia, né malata, non doveva avere figli, né essere maritata, non doveva essere “gravida” e non “doverà essere inspiritata”.

Il cerimoniale assomiglia molto a un ingresso in monastero: la novizia attendeva in chiesa in ginocchio, arrivavano poi in processione le penitenti (l'ultima con un Crocifisso in mano) e le rettrici e un sacerdote che intona delle litanie; poi in processione la accompagnavano in casa,  salivano sul coro superiore della chiesa e alla novizia veniva offerto dal sacerdote il Crocifisso pronunciando altre preghiere di accoglienza.

Nel luogo pio dimorava una priora insieme alle convertite (scelta dalle stesse ospiti, probabilmente una di loro), mentre i rettori e le rettrici erano laici pesaresi benefattori e benefattrici che si occupavano della gestione del luogo. Tra le rettrici pesaresi illustri: la signora Belluzzi, Alessandra Monaldi, Laura Hondedei, Laura Bonamini, Vittoria Olivieri, Faustina Mazza. C'era poi una fattora, che si occupava dei rapporti con l'esterno, gli acquisti etc. Questa non viveva nel luogo pio, ma nelle vicinanze ed era spesso sposata con figli. Un ruolo importante aveva il parroco, che spesso era anche rettore, come Vincenzo Ortolani, parroco di Santa Lucia e rettore nel secolo XIX. Nei secoli aumenta il ruolo del vescovo, al quale nel  1800 vanno indirizzate le richieste di uscita e di entrata.

“Vestono di panno grosso e bigio, cinto con un cordone e quando escono portano un panicello bianco e lungo sulla testa” (miscellanea ms 1547).

La vita all’interno è simile a quella di un monastero con obbligo di frequenza delle funzioni religiose, messa e confessione giornaliere, ma non c'era una vera e propria clausura. Potevano uscire con il permesso dei reggenti. A volte le regole diventano più rigide, come quando fu fatto mettere chiavistello dal vescovo nel '700 per evitare che le donne uscissero di notte o che vi si introducessero esterni.

Sin dall'inizio come in tutti i luoghi pii, si eseguivano lavori, probabilmente di tessitura (sono presenti telai negli inventari) e i proventi erano destinati alle stesse donne lavoratrici.

Nel '700 si hanno qua e là notizie della presenza di carceri o prigioni all'interno del luogo pio (stavano al piano superiore), che servivano anche per detenere donne venute dall'esterno (per esempio una religiosa macchiatasi di un grave delitto proveniente dal monastero di S. Agata della diocesi del Montefeltro): nel caso di Geltrude, questo il nome, le era consentito di muoversi liberamente per il convento. In altri casi invece si parla proprio di “prigioniera” del pio luogo.

Nel '700 si hanno anche casi di giovani che trascorrono solo un breve periodo nel luogo pio, quasi di “educandato” in attesa del matrimonio.

Nel 1798 il rifugio fu soppresso dai francesi: le donne vennero poste su di un carro e condotte per le principali vie della città in segno di restituita libertà.

Attraversa il periodo rivoluzionario tra tentativi di apertura andati sempre frustrati. Nel 1808, con il Regno d'Italia napoleonico gli istituti di beneficenza vengono riuniti dai Napoleonici sotto l'amministrazione della Congregazione di Carità (Ospedale, Monte di pietà, Pericolanti, Orfane e Convertite).

Nel 1812 viene nuovamente soppresso e riapre solo in seguito alla “Restaurazione” del Governo pontificio (1814).

Nell'800 il ritiro accoglie anche prostitute di età più avanzata e malate (contrariamente agli Statuti) oltre a essere sempre più spesso luogo di reclusione vera e propria.

Gli ultimi anni di vita sono incerti. Probabilmente cambiò sede, se si sa che i locali in via Posta Vecchia erano stati adibiti a caserma già dal Governo pontificio (annotazione del 1862).  Delle sedi successive non abbiamo trovato notizia nei documenti, ma Ciro Contini, autore di un libro sull'Orfanotrofio maschile sostiene che il “il monastero ... fu soppresso e aggregato a quello di S. Caterina, sito nella via omonima (ora via Sabbatini)”, e in un secondo momento “ tolto anche da lì e trasportato dietro la chiesa di San Carlo  l'odierna Santa Lucia”  (da C. Contini, L'orfanotrofio maschile di Pesaro, Pesaro 1939, rist. Anastatica I, p. 28).Comunque l'attività di accoglienza, sebbene limitata a poche ospiti dovette continuare.

Nel 1860 la Congregazione di carità, organismo creato dallo Stato italiano per sostituirsi alle amministrazioni religiose nella gestione delle opere pie, entra in possesso del luogo.  I tre deputati entrano nel Conservatorio e vi trovano solo due ricoverate e la priora.

Nel 1864 solo due donne erano rimaste alle quali viene data dalla Congregazione di carità una pensione  e un alloggio e la casa viene chiusa. La soppressione ufficiale, con il trasferimento delle sue rendite affidate all'Orfanotrofio maschile, è del 1867. L'edificio viene venduto ad un privato (tale Antonio Lepri) nel 1871.

Nella stessa via era anche un altro istituto di sostegno  che sorge nell’800: l’ospizio cronici e invalidi. 


DOCUMENTI

IRAB, Convertite, Busta 1, fascicolo Anno 1868, n. 4, Capitoli da osservarsi dalle Convertite

5 aprile 1619

Copia dei Capitoli da osservarsi dalle Convertite, relativi alle modalità di ammissione  e di uscita delle donne dalla casa, che avvenivano sempre mediante istanza di accettazione del vescovo.

IRAB, Convertite, Busta 1520-1810, fascicolo 5, 1621, Lettera pastorale del vescovo di Pesaro ai rettori, curati e pievani della diocesi con la quale s'ingiunge ai medesimi d'invitare i fedeli, nell'atto della celebrazione dei sacri uffici, a somministrare elemosine in grano ed altro alla Casa delle Convertite

Palazzo episcopale di Pesaro, 24 luglio 1621

Giovanni Battista Montani, vicario generale e arcidiacono del vescovo di Pesaro, raccomanda i rettori, curati e pievani della Diocesi di Pesaro, di raccogliere le elemosine durante le celebrazioni delle messe e i divini uffici, da destinare alle Convertite della città di Pesaro "quali si ritrovano in gran bisogno, et essortino ciascun fedele e cristiano a farle una buona e larga elemosina di grano".

IRAB, Convertite, Busta 1520-1810, fascicolo 27, 1786, Giuseppe Maria Luvini, vescovo di Pesaro, decreta alcuni provvedimenti per il buon andamento interno della pia casa

Pesaro, 27 giugno 1786

Frate Giuseppe Maria Luvini, vescovo di Pesaro, con lo scopo di eliminare gli abusi degli "stranieri" che si introducono nel pio luogo delle Convertite, proibisce a chiunque di entrare nell'istituto e che dovrà osservarsi la clausura episcopale. Stabilì inoltre: che ciascuna donna, compresa la fattora, avesse a disposizione nel magazzino due sacchi di grano, dalla cantina cinque dame di vino e una quantità di olio che bastasse al loro bisogno. Raccomandava infine il rettore e il confessore di far rispettare la regola alle donne penitenti, obbligate a restare nel Conservatorio. Fuori casa invece erano obbligate a coprirsi il capo, con il fazzoletto distintivo di panno, o velo bianco.

IRAB, Convertite, Busta 1520-1810, fascicolo 38, 1796 - 1800, Spese fatte dal Nobil Signore Abbate D. Vincenzo Giordani negli anni 1796, e 1797 per la nuova Fabbrica del pio Luogo delle Convertite

Registro contenente le spese per i materiali necessari alla costruzione del Conservatorio delle Convertite e dei compensi ricevuti dai lavoratori, finanziate dal nobile pesarese, abate Vincenzo Giordani.

IRAB, Convertite, Busta 1520-1810, fascicolo 48, 1806, Riapertura del Conservatorio delle Convertite

Pesaro, 6 febbraio 1806

Il vicario curato della cattedrale, il priore di S. Cassiano, gli abati di S. Arcangelo, di S. Giacomo, di S. Lucia e l'economo della chiesa vacante di S. Niccolò, i sei parroci della città di Pesaro espongono che "ritrovansi nelle loro parrocchie un numero grande di donne prostitute, che ad onte delle paterne ammonizioni non si rimettono sul buon sentiero, ed altre che ravvedute dal mal costume, cercano un asilo dov'essere sicure".

Con questa premessa gli ecclesiastici richiedenti segnalavano l'urgenza di riaprire il luogo pio delle Convertite e il vescovo vicario della sede vacante Giovanni Andrea Ghirlanda ne concesse la riapertura.

IRAB, Convertite, Busta 1520-1810, fascicolo 49, 1806, Ammissioni nel Conservatorio

1806

Supplica dell'abate Angelo Badioli della Parrocchia di S. Stefano di Candelara a Pietro Cucchiaroli, abate di S. Arcangelo e rettore del Conservatorio delle Convertite di Pesaro con richiesta di ammissione di Rosa Santi all'Istituto, in quanto la donna "pel suo incorreggibile tenor di vita arrecca scandalo".


IRAB, Convertite, Busta 1832 - 1855, fascicolo 1835/3, Visita della Commissione sanitaria allo Stabilimento e rimozione di causa d'infenzione

Pesaro, 29 agosto 1835

Il cardinale legato Riario Sforza, in seguito al sopralluogo effettuato da un'apposita Commissione sanitaria della Legazione apostolica di Urbino e Pesaro presso il Conservatorio delle Convertite, segnala ai Rettori reggenti dell'Istituto di attivarsi con sollecitudine e prendere delle misure per  rimuovere ogni causa di infezione. Nell'inserta relazione veniva infatti descritta una situazione di degrado, soprattutto nei cortili e nello scoperto ad uso orto, in cui si trovavano "mucchie d'immondizia, le quali tramandano cattivo odore, ed equamente ci sono le acque che rimangono in parte stagnanti per mancanza di scolo".

IRAB, Convertite, Busta 1811-185?, Visita Santini




IRAB, Convertite, Busta 1, fascicolo Anno 1868, n. 4, Relazione della Deputazione provinciale di Pesaro e Urbino


Pesaro, 6 febbraio 1868

Relazione della Deputazione provinciale di Pesaro e Urbino in cui si espone come, anche in base alla deliberazione del Consiglio comunale del 1864, si proponeva la soppressione dell'opera pia Rifugio delle Convertite con il conseguente trasferimento di capitoli e rendite a favore dell'Orfanotrofio maschile, amministrato dalla Congregazione di carità.