Sir Thomas Jackson è inorridito al suo arrivo presso l’osteria che lo ospita, l’Albergo Zongo, nella omonima via. I toni gotici si acuiscono:  “Ci fecero scendere ad un portone che sembrava immettere in una caverna: la nostra locanda, ci dissero. 

Alla luce di un’unica lampada nascosta dietro l’angolo, entrammo in una grande stamberga a pianterreno, coperta a volte, che sapeva di vino e che era ingombra di botti. Stando attenti a dove mettevamo i piedi, poiché l’impianto era scomparso  di paglia e letame, giungemmo alla base  di un’immensa scalea, degna del castello di un gigante, la cui ascesa compimmo con qualche difficoltà poiché  ci imbattemmo in due contadine che trasportavano a braccia il locandiere. (…) 

Anche le camere come la scala erano di dimensioni spropositate. La camera dove alloggiavo con mia moglie era quadrata, quarantacinque piedi per lato, e l’unico moccolo che l’illuminava proiettava le nostre ombre giganti sull’altissima volta. Era come dormire sotto la cupola di San Paolo”. 

Insomma Jackson arriva in una specie di affittacamere, uno dei pochi a Pesaro; non viene mai registrato come albergo, ma sempre come casa con tre botteghe, che si trovavano al pianterreno. 

Ma forse non era sfuggito  al viaggiatore che la via era già stata celebre per un fatto di cronaca nera, l'assassinio del marchese Vincenzo Baviera, avvenuto il 13 ottobre 1760.Nella cronaca di Pesaro di Domenico Bonamini si scrisse:” Con orrore di tutta l’intera città fu udita la barbarie della mortal ferita data al marchese Vincenzo Baviera col lasciare nel ventre l’istesso coltello, vicino al portone di casa Zongo sull’ore due di notte da mano ignota, che per quante diligenze abbia fatto il Governo giammai è stata scoperta. Morì questo signore compianto da tutti, lasciando che ogni anno, a suo talento, indovinasse la cagione della sua infelice sorte”.

Altrettanto interessante e un po’ misteriosa  è comunque anche  la storia della famiglia Zongo. Questa si era imparentata con a nobile famiglia Hondedei che si era stabilita a Pesaro già dal Trecento e aveva dato vita a tre rami: Hondedei, Zongo e Zerbini.

 Tra i suoi membri c’è Giuseppe Zongo Hondedei (1597-1674) che divenne vescovo della lontana Frejus, in Francia, a stretto contatto con il  famigerato cardinal Mazarino, eminenza grigia del re di Francia, che conobbe mentre era studente di teologia a Roma e di cui divenne amico e segretario. 

Questi lo volle con sé in Francia (1646) e gli affidò importanti incarichi diplomatici in Portogallo, Spagna e Germania e vari affari che la corona di Francia aveva in Italia. Poi il “regno” del Mazarino s’infranse: il 2 febbraio 1651 il duca d'Orléans, zio del dodicenne re Luigi XIV, rese pubblica la sua rottura con il cardinale Mazarino il quale fuggì da Parigi e si rifugiò presso il principe elettore di Colonia. 

Morto il Mazarino, del quale Zongo fu l’esecutore testamentario, il Re Sole preferì allontanare Zongo da corte nominandolo vescovo dell’antica ma molto periferica diocesi di Frejus-Tolone, dove morì nel 1674. Le cronache riportano varie curiosità sulla vita del nostro aspirante prelato. 

Nel 1615, quando Giuseppe Zongo aveva diciott’anni, alternava lo studio dei testi sacri con gli spassi e le feste, di cui una città come Bologna, dove studiava,  non difettava: delle belle cose vedute teneva informati gli amici lasciati in patria, che lo ricambiavano di notizie della corte roveresca di Pesaro dove pure era vivissimo l'amore per gli spettacoli teatrali. 

Quando poi lo Zongo si spostò a Roma, ben inserito nella Curia papale, continuò a frequentare la nobiltà locale e le sue fastose feste che descrive nelle lettere con cura di particolari.

Una giovane Zongo, invece, la contessina Teresa Ondedei Zongo, fece innamorare Monaldo Leopardi, che a Pesaro era legato per la nonna, che era una componente della famiglia Mosca.